punto zero, ovvero whatever works
Innanzitutto perché, in fisica delle particelle, il “punto zero” di un sistema è qualcosa che sconquiffera. L’energia “di punto zero” di un qualsiasi campo (di forza o di materia) è l’energia associata allo stato fondamentale. Pur essendo esso il famigerato “vuoto”, caratterizzato dall’assenza di particelle fisiche, la sua energia è infinita. Sì, proprio infinita. Dal paradosso si esce decretando “osservabile” lo scostamento di un campo da questo livello base infinito.
Seppur concettualmente difficile da digerire, questa procedura è largamente usata in fisica moderna. E funziona bene, molto bene. Ha condotto alla costruzione della teoria con il più alto numero di conferme sperimentali di ogni tempo.
Per lo scienziato il “punto zero” può essere incasinato quanto vuole, ma non costituisce un problema. Ciò che conta è, attraverso le conoscenze di cui dispone, ragionare per costruire una teoria falsificabile ed efficace.
E’ la dimostrazione del fatto che si possono ottenere risultati grandiosi anche quando il punto di partenza sembra insondabile, insormontabile. E’ una questione di volontà.
Potrà sembrare poco elegante e artificioso, ma il punto di partenza qui è un “whatever works“. Da lì in poi, maniche rimboccate e tanta volontà.